Il sito di Salviamo il Paesaggio ha pubblicato una lettera di Gaia Baracetti, blogger e ambientalista, sugli effetti dell'automobile. Si tratta di un testo provocatorio, piuttosto radicale, ma proprio per questo interessante.
Ne pubblichiamo alcuni estratti. Il testo completo lo si può trovare su Il consumo di suolo: un effetto collaterale dell'auto.
L’Italia è uno dei paesi più
motorizzati del mondo. Secondo una classifica compilata da wikipedia
sulla base di dati ufficiali, in Italia nel 2010 c’erano 679 veicoli a
motore, due ruote escluse, ogni mille abitanti. Siamo i decimi
in assoluto ma, togliendo dalla classifica paesi minuscoli e ricchissimi
come San Marino, Monaco, Liechtenstein e Lussemburgo, saliamo al sesto
posto, davanti a quasi tutto il resto d’Europa.
Di questi tempi si sente tanto
parlare di automobili ecologiche, non rendendosi conto che si tratta di
un ossimoro. L’automobile ecologica non esiste. Tralasciamo per
un attimo il fatto che anche produrre energia, per lo meno al momento,
inquina, che le fonti rinnovabili non bastano per i trasporti e che il
consumo delle materie prime e dell’energia necessarie per dotare di
un’auto, per quanto ecologica, ogni essere umano del pianeta ci
porterebbe ancora più velocemente al collasso; soffermiamoci invece su quello che ogni auto, per quanto “ecologica”, non può non fare: occupare spazio.
Proviamo a fare un calcolo partendo dal
dato di un rapporto Istat del 2010: in Italia ci sono oltre 600 auto
ogni mille abitanti. Questo significa 35 milioni di automobili
(arrotondando per difetto). Le dimensioni medie di un parcheggio si
aggirano sui 12,5 metri quadri; per cui, senza nemmeno circolare, le
automobili possedute dalla collettività degli italiani coprono già 437,5
chilometri quadrati: due volte e mezzo l’area dell’intero comune di
Milano.
Tutto questo può sembrare banale:
le auto occupano spazio, è ovvio. Eppure questa banalità sembra assente
dal dibattito sul consumo di suolo. Soprattutto, a me pare assente dai
comportamenti di chi si batte per l’ambiente.
La bicicletta, ormai, è quasi di
moda, tra ambientalisti e non – ma lo slogan più frequente è: lascia a
casa l’auto, non: vendila.
Ma liberandosi dell’auto le si
impedisce di occupare spazio anche quando non viene utilizzata, cioè
quasi sempre, e soprattutto si inizia a creare un paese diverso,
in cui la domanda di trasporto pubblico e di intermodalità è autentica,
quasi disperata: chi sa di poter comunque contare sull’auto in casi di
emergenza o per la solita gita della domenica (o protesta contro la
lottizzazione) difficilmente si batterà per un trasporto pubblico
decente. Con il sole, la bici. Con la pioggia, la macchina. Gli altri si
arrangino.
La battaglia per la sola ciclabilità non ha senso, è la battaglia dei privilegiati,
di quelli che godono della buona salute necessaria per pedalare, e che
se non hanno voglia di sudare o di prendere la pioggia possono sempre
ricorrere all’auto. Ma chi non può permettersi la macchina e non
ce la fa a pedalare per distanze lunghe, chi è in carrozzina, è molto
vecchio o è malato come deve muoversi se i trasporti pubblici sono
insufficienti? Lo stiamo vedendo con gli anziani rimasti nei
piccoli paesi della montagna friulana, che non possono più guidare, non
hanno servizi vicini e hanno visto tagliare le corse di trasporto
pubblico: sono rimasti come in trappola.
È vero: anche i mezzi pubblici
occupano spazio. Ma possono portare decine o centinaia di persone per
corsa, e anziché stare fermi per la maggior parte delle loro vite, come
le auto, passano la giornata a spostare persone, risparmiando
un’enormità di viaggi singoli e relative necessità di strade e
parcheggi.
Per convinzione personale e anche come
esperimento, da quasi nove mesi mi rifiuto di salire su un’automobile,
anche se piena, anche se condivisa (a chi mi dice che non potrebbe fare
come me neanche volendo, consiglio il sito senzauto.it, che raccoglie
storie vere di persone che vivono senz’auto ma hanno figli piccoli,
animali domestici, lavori lontani, carichi da portare…). È un’esperienza
molto istruttiva: solo da fuori si può capire la potenza, l’invasività,
il dominio assoluto della civiltà dell’automobile.
Nessun commento:
Posta un commento